lunedì 28 aprile 2025
Indiana Jones e il Quadrante del Destino Di James Mangold
Il quinto film di Indiana Jones: un film tanto atteso, ma più dai suoi produttori che da fan e spettatori, e un risultato al botteghino deludente.
Eppure di qualità positive ne ha parecchie.
Innanzitutto mantiene ritmo e divertimento dall'inizio alla fine, in una continua corsa su ogni mezzo (treno, cavallo, aereo, nave....Apecar...).
Altra qualità del film è il cast: oltre al protagonista (poi ci torneremo) tutti i comprimari danno buona prova di sé, in particolare Phoebe Waller-Bridge, la figlioccia non completamente onesta di Jones, che riesce a dare movimento alla trama.
Ma è soprattutto il capitolo iniziale, ambientato nella Germania nazista con un Harrison Ford ringiovanito con la CGI, la parte migliore, e che potrebbe gareggiare (nonostante l'apporto abbondante dei computer), con i film precedenti. Non appena viene restituita a Ford la sua vera età cominciano, non a caso, i difetti..
E' infatti proprio la scena iniziale che ci fa capire cosa vorremmo: di nuovo l'Indiana Jones delle origini, non il vecchio Indiana pieno di problemi personali. Anche perché le sue sfortune forse mettono un velo di tristezza oltre il dovuto, agendo retroattivamente anche sui film precedenti: vedremo ancora nella stessa maniera le studentesse invaghite del prof nel primo film sapendo che un domani le loro figlie (o nipoti?) saranno annoiate e indifferenti alla lezione?
Forse umanizzare troppo un personaggio nato per essere un'icona, sintesi di tutte le mitologie avventuriere ed esotiche create tra fine ottocento e secondo dopo guerra, non è stata la scelta migliore. Un esempio: del (stupendo) terzo capitolo, al di là dello scambio di battute efficace, ci piaceva che Indiana avesse un padre, o ci piaceva che questo padre fosse interpretato da Sean Connery, già primo e storico interprete di James Bond, a sua volta prima fonte d'ispirazione cinematografica di Indiana Jones?
E, parlando di padri, se si è visto che si può fare Star Wars senza Lucas, si possono raccontare le avventure dell'Archeologo senza contemporaneamente Lucas e Spielberg?
Il regista Mangold è uno che ha già dimostrato di saperci fare in questo genere di film, e qui fa il suo lavoro egregiamente, ma che non va oltre il buon compito portato a casa, omaggiando e ricopiando la regia di Spielberg, ma cui manca il livello meta cinematografico che aveva fatto J.J. Abrahms con il primo della trilogia sequel di Star Wars. Non è aiutato poi del tutto dal soggetto che gli dà un Mc Guffin, per quanto intrigante, non a livello dei colleghi migliori visti negli episodi precedenti. Il quadrante di Archimede può far breccia nell'immaginario popolare come l'Arca dell'Alleanza o il Sacro Graal?
Eppure è un ingranaggio interessante per portarci al plot twist finale, che, sì, funziona nel senso che effettivamente è inaspettato, ma che ci introduce all'ultima parte del racconto, forse quella girata peggio, ricordando, più che Spielberg, i documentari storici americani fatti in economia che spesso trasmettono su LA SETTE, negli stanchi pomeriggi.
Ma soprattutto manca nel finale quel momento “mistico e sublime”, in cui il protagonista si trova di fronte a qualcosa proveniente da un altro piano della realtà e a cui non si può dare spiegazione, e che serve a dare una conclusione ad un'avventura fatta di scontri e fisicità.
Lo spiega bene in una bellissima battuta il personaggio di Sallah: “Mi manca il mare... mi manca il deserto...”
E il mare c'è, nell'unica sequenza subacquea di tutta la saga, ma il deserto? Dov'è il deserto? Dov'è il luogo esotico in cui si è soliti addentrarsi nelle avventure di Jones? La Marrakech rappresentata si potrebbe sostituire con qualsiasi altra città. E il luogo finale, in cui si nasconde la reliquia che tutti cercano, si trova in una civilissima Sicilia, in un sito archeologico aperto ai turisti , con tanto di bagarino per i biglietti.
Per tutti questi motivi personalmente metterei questo film in fondo alla classifica della saga. Ma bisogna ricordarsi anche che, a fronte di 5 Indiana Jones in 42 anni, in vent'anni abbiamo avuto sette Mission Impossible e dieci Fast and Furious, molto più ripetitivi, meno originali, più ignoranti e ciò nonostante sempre coccolati dalla critica e dal pubblico. Per cui va in fondo apprezzato Il Quadrante del Destino per essere un film d'avventura sopra la media, con un Harrison Ford che alla sua veneranda età si mette sulle spalle praticamente tutto il carico dell'operazione, sapientemente usando un registro ironico, per meglio farci apprezzare un eroe con un'età fuori tempo massimo. Ma anche un tipo di film fuori tempo massimo.
Indiana Jones e il Quadrante del Destino
Di James MangoldCon Harrison Ford, Phoebe Waller-Bridge, Mads Mikkelsen
Genere:Azione, AvventuraNazionalità:USA
Durata:2h 23minDistribuzione:Walt Disney Studios Motion Pictures
THE LAST DUEL di Ridley Scott
Non aveva ancora realizzato Alien e Blade Runner, ma già con la sua opera prima Ridley Scott aveva attirato l'attenzione della critica mondiale: I Duellanti, film tratto da un racconto di Conrad, e appartenente al genere storico (genere che, oltre alla fantascienza, ha sempre caratterizzato la produzione del regista inglese).
LAST DUEL, onorato del passaggio alla ricca kermesse 2021 della Mostra di Venezia, è anch'esso di ambientazione storica, e anch'esso parla di un duello.
Il film ci porta infatti nel medioevo della Guerra dei Cent'anni, dove due cavalieri francesi, interpretati con convinzione da Adam Driver e Matt Damon, all'inizio amici, diventeranno rivali fino allo scontro citato nel titolo.
La vera protagonista è però la brava Jodie Comer, nel film la moglie del personaggio di Damon.
Sono tutti personaggi di una vicenda realmente avvenuta e che ruota intorno all'ultimo Duello di Dio svoltosi in Francia e indetto per concludere un processo per stupro. I discendenti delle persone coinvolte tutt'ora “si battono” su come si svolsero i fatti.
Ridley Scott ci dà la sua versione di questa vicenda, e, come in Rashomon di Kurosawa, racconta la storia tre volte, ogni volta con gli occhi di uno dei tre personaggi.
E' abile all'inizio nel farci credere di assistere all'ennesima storia di eroi cavallereschi.
Ma la realtà è che la sua è una rappresentazione di una società maschilista, così come si caratterizzava quella medievale, in cui i cavalieri erano impregnati di una malata ideologia sull'onore e sulla violenza. Gli occhi della protagonista ci svelano la reale sostanza dei fatti, rilevando quanto sia lei la vittima non solo dello strupro, ma anche di un'intera cultura che predomina su tutto. In poche parole, si racconta il medio evo per rappresentare il presente.
E nel duello tra Last Duel e Duellanti, chi vince? La vittoria non può che andare a quella stupenda opera prima, di un livello poche volte raggiunto nella ricca e preziosa filmografia di Scott. Nel film con Damon e Driver siamo più che altro dalle parti del melodramma di lusso, ma castelli, costumi scontri e la ricostruzione di un medioevo crudo e reale valgono da soli il prezzo del biglietto.
Un'ultima curiosità: la sceneggiatura è opera di Matt Damon e Ben Affleck, la loro seconda insieme dopo Will Hunting. Affleck compare anche in un ruolo secondario.
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