Pochi film di fantascienza, negli anni
novanta dello scorso millennio, sono riusciti ad imporsi
nell'immaginario collettivo.
In questa categoria va sicuramente
inserito Matrix, il cui primo episodio uscì esattamente vent'anni
fa. Una novità allora che riuscì ad avere un grande successo, anche
se composto da elementi che tutto sommato di nuovo avevano poco.
Infatti, anche se tecnicamente Matrix
non fa parte di quel calderone di sequel, adattamenti, remake di cui
ormai abbonda il cinema fantasy e sci fi, ma è un opera originale,
nata dalla mente dei suoi autori (le sorelle/registe Wachowski), è
comunque fortemente debitore da altre creazioni.
In primis da tanta letteratura
Cyberpunk anni ottanta, e poi da film (Terminator , Essi Vivono),
fumetti (Ghost in the Shell), e altro ancora...Pure il tanto
famigerato bullet time non è una esclusiva inedita, ma era
stato anticipato l'anno prima dal quasi dimenticato primo Blade con
Wesley Snipes.
A questo si aggiunge che era
contemporaneo di tante pellicole in cui vi era lo scontro tra realtà
“vera” e quella virtuale (il poco fortunato “Existenz” di
Cronemberg in primis, ma anche il nostrano Nirvana, e altro ancora).
Del resto erano gli anni in cui si pensava di fare cose incredibili
con un visore ed un guanto collegato a dei sensori.
Insomma un film di sincretismo di
generi, in cui la distopia si fondeva con arti marziali, realtà
virtuale con il dominio delle macchine, e contemporaneamente un film
di derivazione da altre opere, che però è riuscito, ciò
nonostante, ad essere una boccata d'aria fresca per chi adora il
cinema di fantascienza e d'azione.
Questo grazie anche alla quantità di
scene spettacolari, diventate poi iconiche nella storia del cinema,
capaci di influenzare l'immaginario audiovisivo negli anni successivi
(Neo che si risveglia nel suo “utero” artificiale, Neo che schiva
i proiettili, l'elicottero che si “tuffa” nel palazzo; e tanto
altro ancora). Ma non solo: anche un film che ha portato avanti il
livello della computer grafica. Mescolando poi il tutto con
connessioni, un po' sempliciotte, ma ben inserite, alla filosofia (in
primis, il mito della caverna di Platone).
Aggiungiamo un casting semplicemente
perfetto, con Keanu Reeves (già “prescelto” nel Piccolo Buddah
di Bertolucci, e già cyberpunk in Johnny Mnemonic), Carrie-Anne
Moss, l'essenza dello stile che risponde al nome di Lawrence
Fishburne, e Hugo Weaving nella parte del malefico villain Agente
Smith (pronto ad esplodere poco dopo come il principe Elfico Elrond
nella Trilogia del Signore degli Anelli).
E ciò nonostante il fenomeno di Matrix
(a differenza di altre saghe come Star Wars o Harry Potter) durò
pochi anni. Si parla ora di un remake o sequel, ma la sensazione è
che su questa saga si sia calata da anni una certa freddezza.
Colpa forse anche del suo finale, che
lasciava chiaramente aperta una finestra enorme per i due episodi
successivi (Reloaded e Revolutions, ma che consegnava ad essi il
protagonista Neo divenuto ormai onnipotente, rendendo quindi
difficile una qualsiasi costruzione drammatica successiva. Con un
protagonista più invincibile di Superman, diventa un po' difficile
trovargli sfide da affrontare, e da qui la necessità di inserire nel
copione scuse bislacche per toglierlo dai piedi: Neo spostato in un
posto lontanissimo, Neo in coma, Neo accecato. E così già il
secondo episodio risultò inevitabilmente deludente, puntando tutto
sul ridare le meraviglie del primo episodio, ma amplificate dalla cgi
e dai capitali. E il terzo episodio arrivò stanco, sebbene l'eroica
battaglia per difendere la capitale dei buoni è qualcosa di
visivamente e meravigliosamente epico anche oggi.
Molto meglio se la cavò la serie
antologica animata (Animatrix), che riusciva ad utilizzare questo
mondo per delle storie per la maggior parte originali e intriganti:
non a caso i realizzatori di questo gioiellino erano tra i migliori
registi di film di animazione dell'epoca.
Metafora di una società in
trasformazione attraverso cellulari e internet, Matrix compie
quest'anno la bellezza di vent'anni. Le cabine telefoniche che i suoi
protagonisti utilizzavano per balzare dal mondo virtuale al mondo
reale sono ormai archeologia. Eppure Matrix può essere considerato
una piccola metafora anticipatrice di come viviamo oggi. Mai come ora
siamo immersi nella rete, in un mondo di relazioni virtuali regolate
da applicazioni sullo smartphone. Tanta “connessione” è forse un
riparo da un mondo che se la cava molto peggio rispetto al 1999, un
mondo oggi in cui molti vanno alla ricerca dei “prescelti”
liberatori da qualche cattiva entità che ci opprime. Solo che questi
liberatori (sovranisti?) hanno poco in comune con il personaggio
eroico interpretato da Keanu Reeves. Ma tolto questo ultimo
particolare, Matrix nel suo piccolo è stato profetico.