domenica 6 settembre 2009

Michael Moore a Venezia

A vederlo Michael Moore (a Venezia per presentare il suo Capitalism: a love story, atto di denuncia verso il sistema economico e politico internazionale), sembra un po’ il gigante buono Hagrid della serie di Harry Potter. Ed infatti non ha nulla di bilioso come tanti suoi corrispettivi italiani. Entra in sala stampa con la sua mole imponente e il suo sorriso benevolo, pronto a scherzare e a fare battute. Ad un giornalista di Hong Kong riferisce che ha sempre difficoltà a trovare un tecnico hongkonghese per riparare l’elettrodomestico fabbricato nella città orientale. Poi precisa “questa battuta possono capirla solo gli americani…”
Alla questione (un po’ più seria ) qual è lo stato di salute degli USA, risponde che per fortuna la voglia di democrazia in America è sempre alta, solo che non si può limitarla ad un voto ogni 4 anni. La democrazia è qualcosa che interessa i cittadini ogni giorno. “Nel film facciamo vedere come migliaia di bravi lavoratori sono stati rovinati per scelte che hanno compiuto pochi altri al loro posto”.
Ciò nonostante bisogna avere fiducia nel popolo. “Fino a qualche anno fa non avrei mai scomesso che un afroamericano sarebbe diventato presidente ed invece è successo. Questa è la dimostrazione che ci può essere una rivoluzione dal basso senza violenza”. Naturalmente Obama non può fare tutto da solo: “la democrazia è partecipazione innanzitutto, non uno sport da assistere in televisione”.
Alla domanda se vuole seguire le orme di Schwarzenegger e darsi alla politica, risponde gridando che vuole a tutti i costi il collegio del Rhode Island (n.b.: è il più piccolo stato degli USA). Poi, più serio, afferma che l’essere semplice cittadino non significa non fare politica. Lui in particolare ha scelto il cinema per fare politica. “Qualche anno fa ho girato Sick per denunciare il fatto che il sistema sanitario USA era l’unico nel mondo occidentale a non garantire l’assistenza universale delle cure. Da allora si avviata una discussione in merito, e ora il presidente Obama è pronto a presentare una legge in proposito nonostante l’avversità dei colossi della medicina e delle assicurazioni”. Lo stesso per l’Afghanistan: all’epoca di Farenheit moore era cosciente che le sue posizioni sul ritiro non erano condivise dalla maggior parte delle persone. Oggi l’America la pensa diversamente.


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